Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA &
ROBERTO COLONNA)
NOTE E NOTIZIE -
Anno XX – 25 febbraio 2023.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia
del testo: BREVI INFORMAZIONI]
Scoperta
una via baso-corticale per la genesi e il mantenimento del dolore cronico. I disturbi del sonno accrescono
il rischio di dolore cronico, ma finora non era stato stabilito un nesso tra
sonno e dolore. Hang Zhou e colleghi hanno rilevato che dopo un danno nervoso
periferico aumenta l’attività nel nucleo basale anteriore (aNB) del proencefalo basale durante il sonno NREM, in un
modello murino di dolore neuropatico; gli assoni di questo nucleo agiscono sugli
interneuroni della corteccia S1, causando disinibizione dei neuroni piramidali e
allodinia. L’iper-attivazione di aNB
è causata dal nucleo parabrachiale (PB) che riceve
afferenti dal nervo danneggiato. L’inibizione di questa via durante il sonno, e
non durante la veglia, allevia il dolore. L’inibizione di PB–aNB–S1 durante il sonno potrebbe costituire una nuova
strategia di trattamento del dolore neuropatico. [Cfr. Zhou H. et al., Nature Neuroscience AOP –
doi:10.1038/s41593-022-01250-y, 2023].
I
cleptomani hanno pattern di sguardo e corticali peculiari alla vista di
cose da rubare.
La cleptomania, il disturbo psichiatrico consistente nella compulsione a
rubare o impossessarsi di oggetti da cui il paziente è attratto, oggi è considerata
espressione di un deficit di controllo dell’impulsività o come una behavioral addiction. All’Università di Kyoto è stato indagato
un campione di cleptomani esposti a situazioni-stimolo evocatrici del sintomo,
analizzando sguardo e attività corticale. Le risposte della corteccia
prefrontale (PFC) sono state studiate usando la spettroscopia funzionale del
vicino infrarosso. È emerso che i loro pattern di sguardo e di attività
della PFC sono peculiari e diversi da quelli normali. [Int J of Neuropsychopharm., pyad005, 2023].
Parkinson:
nuova speranza da ultrasuoni focalizzati sul nucleo pallido. Il 69% dei pazienti, trattati in
un trial condotto da Vibhor Krishna e colleghi
con ultrasuoni focalizzati sul segmento mediale del globus
pallidus, ha risposto positivamente. La riduzione
dei sintomi motori e della discinesia durava a 3 mesi di distanza, ma si sono
registrati alcuni effetti collaterali. La procedura dovrà essere perfezionata,
a nostro avviso, evitando quella che appare come una vera pallidotomia
funzionale. [Cfr. New England Journal of Medicine 388: 683-693, Feb. 23,
2023].
Il
pioglitazone previene la demenza nei pazienti affetti
da diabete tipo 2.
I pazienti affetti da diabete tipo 2 trattati col farmaco antidiabetico pioglitazone presentano una probabilità molto più bassa dei
diabetici non trattati con questo farmaco di sviluppare in seguito demenza, secondo
una stima recente. In generale, il rischio di demenza dei diabetici è circa
doppio di quello della popolazione generale della stessa fascia di età. [Neurology – February
15, 2023].
Un
indice di capacità di equilibrio (VPS) prevede l’indebolimento cognitivo (MCI)
che precede l’Alzheimer.
L’instabilità del passo con cadute più frequenti della media nei pazienti alzheimeriani e, in parte, nello stadio MCI (mild
cognitive impairment) è un dato anamnestico neurologico ben noto. Yasuhiro
Suzuki e colleghi hanno definito un nuovo indice di stabilità posturale
(VPS), utilizzando come stabilometro una bilancia (Nintendo
Wii balance board) coperta di gomma-schiuma. Il valore di VPS era altamente
associato a MCI e sembra in grado di identificare il disturbo in una fase precoce
e preclinica. [BMC Geriatrics 23, 74, 2023].
L’invenzione
“Neuro-stack” registra i neuroni del nostro cervello nella
vita quotidiana.
Uros Topalovic, Dejan Marcovic e colleghi hanno realizzato un dispositivo esterno
applicabile (wearable) costituito da un sistema di neuromodulazione
bidirezionale closed-loop in grado di
registrare singoli neuroni e potenziali di campo locali dal cervello umano durante
attività deambulatorie e da fermo. Oltre ad avere una capacità di stimolazione
altamente flessibile e adattabile per l’impiego terapeutico, consente di
studiare le basi neurofisiologiche di processi normali e patologici. [Nature Neuroscience AOP – doi:10.1038/s41593-023-01260-4,
2023].
Amore e cervello: cattiva scienza e
pochezza culturale in rete. Il nostro giudizio su uno scritto divulgativo firmato
“Shayla Love” per Scientific American (20 febbraio)
può apparire tranchant, ma vogliamo esprimere la massima severità verso
questo genere di prodotti mediatici che finiscono per discreditare la scienza e
diffondono convinzioni mortificanti per chi conosca il valore dei sentimenti
profondi nell’edificazione di sé, e abbia compreso che tali sentimenti sono
fondamento della cultura umana. Si assiste a una fiera di errori di metodo: non
si definiscono gli oggetti di studio; con gli esiti del neuroimaging che
registra correlati di reazioni e risposte cerebrali stimate tali
per differenza dal presunto stato di riposo, si imbastiscono
elaborazioni sui sentimenti; non si tiene conto che ciascuno ama per come è
fatto; si equiparano o si confondono l’innamoramento, l’attrazione, il bisogno
di condivisione, il desiderio sessuale e la capacità di donarsi reciprocamente
la vita, continuando a provare gioia e gratitudine per un’intera esistenza. [BM&L-Italia,
febbraio 2023].
Una
descrizione clinica del tempo di Ippocrate riscoperta dalla psichiatria del XX
secolo.
Anche se gli antichi Greci rimanevano lontani dalla conoscenza eziopatogenetica
dei disturbi mentali, in quanto collocavano importanti aspetti della funzione psichica
nel cuore, nel diaframma e nel fegato, alcune descrizioni
cliniche della medicina ippocratica corrispondono con sorprendente fedeltà a
quadri nosografici della nostra epoca.
È
il caso della maniē, termine inizialmente
riferito a un gruppo eterogeneo di condizioni patologiche, ma poi nella sua
natura di fenomeno di riscaldamento del corpo riportato da Diocle di Caristo (360
a.C.) a un “ribollire di sangue nel cuore”, viene caratterizzato come un “uscire
fuori di sé”, “perdere il controllo”, e viene esplicitamente descritto come uno
stato “disinibitorio” di eccitazione in cui il paziente è iperattivo, cimentoso
e dice tante parole normalmente censurate e che non è uso pronunciare. La maniē, elencata tra i possibili esiti di
malattie melancoliche, richiamando il moderno concetto di disturbo bipolare,
trova corrispondenza nel quadro clinico della mania nella descrizione di
“psicosi affettive e disturbi distimici” contemplate dalla nosografia del XX
secolo. [Fonte: Seminario sull’Arte del Vivere, febbraio 2023].
Donald
Hebb: un pioniere nella ricerca sulle basi
neurobiologiche della mente umana.
Abbiamo ricevuto questa domanda: Dalle lezioni pubblicate sul sito abbiamo
appreso la teoria dei gruppi neuronici di Gerald Edelman ma, prima di Edelman,
non c’erano teorie neurobiologiche della mente? E qual era, allora, la visione
di riferimento per i neuroscienziati?
Costrutti
teorici per singole facoltà e processi abbondavano, come abbondavano i modelli
neuropsicologici modali, al punto che, per la copiosa produzione di illustrazioni
schematiche basate su riquadri (in inglese boxes) contenenti parole, fu
coniata l’espressione boxes neuropsychology.
Ma una teoria neurobiologica che andasse dalla molecola (quali le CAM e le SAM)
alla coscienza, prima di quella di Edelman non è esistita; tuttavia, la visione
neurobiologica di Donald Hebb ha influenzato generazioni
di ricercatori attraverso riferimenti a sue scoperte, come la sinapsi di Hebb, ai processi da lui identificati come “costanti” (es.:
regola di Hebb: se due neuroni interconnessi
scaricano contemporaneamente e ripetutamente per effetto di uno stimolo, la
loro connessione si rafforza e conserva memoria della risposta) e al
modello di organizzazione cerebrale da lui supposto alla base delle funzioni
superiori.
Procediamo
con ordine: Hebb si proponeva di spiegare come avvenga
l’apprendimento percettivo; come si formano le associazioni nel sistema nervoso
centrale; come lo sviluppo concettuale generale possa essere correlato all’estensione
della corteccia di associazione e, infine, perché l’intelligenza, nella sua
accezione più ampia, sia così difficile da localizzare. È anche opportuno
ricordare che Hebb, come la massima parte dei
neurofisiologi, considerava la coscienza un epifenomeno della memoria
a breve termine.
Nel
1949 Hebb sviluppò una teoria della memoria, estesa poi
a concezione neurobiologica della mente. I dispositivi hebbiani
della memoria centrale erano i raggruppamenti cellulari, intesi come
circuiti formati per crescita sinaptica nel corso dell’apprendimento e tendenti
ad espandersi. Hebb riteneva che questi raggruppamenti
cellulari potevano organizzarsi in sequenze di fase e costituire la
base fisica dei processi mentali, da lui definiti “semiautonomi”. Le sequenze
di fase, secondo Hebb, potevano essere attivate
sia da stimoli endogeni che da stimoli esogeni, ma erano in grado di conferire
alla mente un certo grado di indipendenza dalle determinanti ambientali del
comportamento.
Questa
visione rappresentò la prima rottura col behaviorismo di inizio secolo.
Di
passaggio vogliamo ricordare che Hebb è stato un grande
neurofisiologo e studioso della biologia cellulare neuronica e della fisiologia
sinaptica, anche se oggi molti lo annoverano tra gli psicologi, perché si è
dedicato allo studio e all’insegnamento della neuropsicologia e di altre branche
della psicologia, che lui ha notevolmente innovato in chiave neuroscientifica. [BM&L-Italia, febbraio 2023].
L’idolatria
della politica ha tolto spazio alla coscienza del rapporto del sé col mondo. È difficile dire quanto possa
ancora incidere oggi che alle ideologie politiche del Novecento, massima esaltazione
di Weltanschauung di parte, è subentrata la pragmatica universale del politically
correct, ma sicuramente per generazioni ha costituito un modo seguito da
molti di diniego della propria dimensione psicologica. Esemplari di questo uso
del paradigma politico quale strumento per declinare le istanze biopsicologiche
della persona sono alcune considerazioni di Laura Boella nel suo libro Hannah
Arendt – Agire politicamente, pensare politicamente, in cui la politica non
è più un’attività umana ma un registro unico e imprescindibile per concepire
ogni cosa, come la religione per l’integralista islamico. Si legge: “Agire è un
supremo sforzo di liberarsi da sé stessi e dall’ingombro del proprio io”, e
poi: “… l’azione si fonda sul ‘disprezzo del proprio istinto vitale’ ed è
pertanto in netto contrasto con il primato o sacralità della vita implicito
nell’idea ebraico-cristiana che immortale è l’uomo, non il mondo”.
La
negazione del soggetto e la sua sostituzione con la massa, la collettività di
parte, porta a una cecità: non si vede che il male è nell’uomo, così come il
bene; potenzialmente in ciascuno. La personificazione e demonizzazione della
scienza e della tecnica, sulla scorta della considerazione ottocentesca dell’appartenenza
degli scienziati mitteleuropei alle classi agiate, aveva portato alcuni
ideologi marxisti a sparare ad “alzo zero” contro scienza e tecnica come
distruttrici della natura e dell’uomo. È evidente anche a un bambino che è il modo
di usare scienza e tecnica da parte di chi ha il potere economico e politico
per farlo, che può essere bene o male. Ed era evidente ad Hannah Arendt come il
male fosse in Hitler e nei suoi esecutori e non nella scienza che proprio in
quegli anni dava alla luce l’etologia, l’ecologia e i mezzi di cura per decine
di malattie fino allora mortali. [BM&L-Italia,
febbraio 2023].
“Ci
siamo rifatti una vita!” Dice Penelope a Ulisse che, tornando a Itaca dopo l’Odissea,
la trova sposata.
È quanto hanno rappresentato dei bambini giocando al “Gioco dell’Odissea”, inteso
come libera interpretazione teatrale della trama del poema omerico in una
sintetica versione per l’infanzia. La frase è stata pronunciata dalla bambina
che interpretava Penelope: non le piaceva l’idea di rimanere a tessere la tela
mentre Ulisse, spinto in viaggio dal suo destino di eroe, viveva tante
avventure, e così ha preso per mano uno dei bambini che interpretavano i Proci
e ne ha fatto il suo nuovo compagno.
La
piccola Penelope non si sentiva gratificata dall’impersonare le virtù dell’antica
regina di Itaca perché, evidentemente, dagli adulti non ha appreso il valore
della fedeltà, della costanza, della perseveranza e dell’integrità, ma ha imparato
che il diritto alla propria soddisfazione personale immediata vale più di ogni
altra cosa.
Questo tema è stato affrontato nell’incontro
settimanale del nostro gruppo di studi dedicato all’influenza degli stili
sociali degli adulti sul gioco di fantasia o finzione dei bambini. [BM&L-Italia,
febbraio 2023].
La mente medievale alle origini del
mentale moderno e contemporaneo (VI) è una tematica che stiamo sviluppando al Seminario
sull’Arte del Vivere (v. Note e Notizie 21-01-23 Notule; Note e Notizie 28-01-23
Notule; Note e Notizie 04-02-23 Notule; Note e Notizie 11-02-23 Notule; Note e
Notizie 18-02-23 Notule) per spunti settimanali di riflessione e discussione:
qui di seguito si riportano quelli del sesto incontro.
Un fenomeno tanto caratterizzante la cultura
medievale quanto non semplice da spiegare nella sua genesi è quello delle Autorità
morali. Si, perché una società concepita secondo una visione cristiana,
che vive la quotidianità scandita dai tempi delle orazioni e che esprime valori
cristiani in ogni aspetto della cultura, istituisce in campo intellettuale Autorità
cristiane e pagane ugualmente rispettate. Non si tratta di un’anticipazione
del neoplatonismo rinascimentale, che ebbe una genesi profonda e meditata nel
recupero alla ragione cristiana di paradigmi di pensiero appartenuti alla
migliore tradizione ellenistica, ma di un’operazione funzionalistica probabilmente
originata da un bisogno profondo di stabilità e certezze in una condizione
di precarietà esistenziale per pestilenze, epidemie di lebbra, alluvioni, carestie,
guerre, congiure, lotte tra fazioni e faide.
Jacques Le Goff ritiene che il ricorso da parte del
clero intellettuale alle Autorità abbia avuto origine dalla “duplice necessità
da un lato di pensare e di agire secondo un sistema di valori cristiani,
fondato sulla conformità agli insegnamenti della Chiesa (la cui base e fonte
era il Libro, la Bibbia) e dall’altro di porre rimedio alla fragilità materiale
e intellettuale di una società soggetta all’arbitrio di un Dio che, buono nel
suo principio, non ignorava però la collera, alle aggressioni di un Diavolo
onnipresente, tentatore e ingannatore, all’impotenza di fronte a una natura
tecnologicamente assai mal padroneggiata…”[1].
Ma la concezione delle Autorità, che fossero Padri
della Chiesa, santi, filosofi o matematici greci, contribuisce a creare un modo
di porsi nei confronti del valore della conoscenza tipico di questo periodo e
caratterizzato da un’umiltà subalterna più che ammirata dello studioso, che si
sente quasi in dovere di onorare le opere autorevoli, soprattutto
riproducendole e divulgandole, senza fare apparire troppo il proprio
contributo. E spesso è difficile dire se questo avveniva più per mortificare la
propria vanità – trattandosi di religiosi nella massima parte dei casi – o per propri
limiti reali.
La cultura di questo tempo si caratterizza per le
opere di compilazione, come mai era avvenuto prima per numero e tipo,
realizzate mediante copie, riutilizzazioni, citazioni, glosse, commentari e, in
qualche caso, esegesi.
Scrive Le Goff: “Ne segue che per molto tempo questa
cultura delle origini e dei modelli ‘autorevoli’ concepì l’innovazione in
termini di scelta delle autorità, di una nuova articolazione e di nuove
interpretazioni dei testi e delle idee, più che d’introduzione di nuove
autorità”[2]. [BM&L-Italia,
febbraio 2023].
Notule
BM&L-25 febbraio 2023
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